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Area penale - Procedura Penale

Francesco Salviato
Avvocato Diritto Penale

La persona offesa dal reato e l’avvio del procedimento penale

14/12/2022

Poiché essere vittime di un reato è un’eventualità non frequente, può accadere che il soggetto che subisce il fatto (che la legge denomina tecnicamente “persona offesa”) o chi vi assiste, nel segnalare l’accaduto alle autorità per gli opportuni provvedimenti, incorra in errori od omissioni che rischiano di pregiudicare gravemente il buon esito del procedimento e la repressione dell’illecito. Cercheremo, in questo contributo, di rispondere ad alcune domande, che vengono frequentemente rivolte dagli assistiti, con l’auspicio di poter offrire qualche indicazione utile in tali frangenti.

 

È obbligatorio denunciare?

La risposta, generalmente, è no: l’art. 333 del Codice di Procedura Penale prevede che “ogni persona che ha notizia di un reato perseguibile d’ufficio può farne denuncia”.

Può, non deve: si tratta quindi non di un obbligo, ma di una facoltà.

La norma prosegue però specificando che “la legge determina i casi in cui la denuncia è obbligatoria”: vi sono dunque dei casi specifici in cui la denuncia è un dovere. Tali sono ad esempio il caso in cui si venga a conoscenza di un reato contro la personalità dello stato punito con la pena dell’ergastolo (art. 364 c.p.) o di un sequestro di persona a scopo di estorsione (L. 82/1991), la mancata informazione all’autorità di aver subito un furto d’armi (L. 110/1975), l’omessa denuncia del possesso di materiale esplodente (art. 674 c.p.) ovvero di cose provenienti da delitto (quando all’epoca dell’acquisto non se ne conosceva la provenienza - art. 709 c.p.).

Vale la pena notare che le ultime due ipotesi possono facilmente accadere anche nell’esercizio di attività di impresa: è dunque necessario porre particolare attenzione onde evitare di incorrere a propria volta in illeciti penali.

Da segnalare da ultimo che vi sono alcune categorie di persone che hanno l’obbligo di riportare alle Autorità di Pubblica sicurezza i possibili fatti di reato di cui vengono a conoscenza: ad es. i pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, gli esercenti le professioni sanitarie (c.d. obbligo di referto). Tuttavia, questi soggetti qualificati vengono istruiti già nell’ambito della loro formazione rispetto a tale obbligo legato alla professione svolta.

 

 

Denuncia o querela?

Nel linguaggio comune, i termini denuncia, querela o denuncia-querela vengono usati spesso come sinonimi, ma così non è, e conoscerne la differenza è molto importante nel momento in cui si deve riportare all’Autorità di Pubblica Sicurezza un fatto di reato.

Denuncia e querela appartengono entrambe al genere delle notizie di reato, ma sono due distinte specie di atto d’impulso del procedimento.

La denuncia consiste sostanzialmente nel riportare all’Autorità competente (in primis Pubblico Ministero, ma anche ad agenti di Polizia Giudiziaria –Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato ecc.) un fatto di cui si è venuti a conoscenza e che può integrare un reato. Se l’illecito in ipotesi è procedibile d’ufficio, la denuncia è sufficiente a dare avvio il procedimento penale.

La querela invece è una “dichiarazione nella quale […] si manifesta la volontà che si proceda in ordine a un fatto previsto dalla legge come reato” (art. 336 c.p.p.) In pratica, mentre con la denuncia si risolve in un mero riferire, informare l’Autorità di Pubblica Sicurezza di un possibile reato, la querela ha un contenuto ulteriore, in quanto attraverso di essa si richiede formalmente che l’Autorità punisca quel fatto.

La querela è condizione di procedibilità per i reati puniti ‘a querela di parte’ (e sono molti: lesioni personali, diffamazione, furto, truffa ecc.): significa che se non interviene la querela della persona offesa – ossia di chi ha subito il fatto – il procedimento non può prendere avvio. È importante, dunque, nel momento in cui la persona offesa si reca a riferire un fatto di reato che ha subito, specificare sempre che si intende sporgere querela, e quindi far dare atto dell’espressa richiesta di punizione dei responsabili.

Le due tipologie di atti vengono spesso accostate nell’espressione “denuncia-querela”: questo perché solitamente, nel medesimo atto, si espone il fatto (denuncia) e si esprime poi la volontà che l’Autorità Giudiziaria persegua coloro che ne sono responsabili (querela).

 

 

Quali sono i termini per presentare denuncia o querela?

I reati perseguibili d’ufficio soggiacciono al solo termine prescrizionale (la cui durata minima è di 4 anni se si tratta di contravvenzione o 6 anni se si tratta di delitto, come previsto dall’art. 157 c.p.). La denuncia effettuata in tale termine è dunque idonea a far iniziare un procedimento penale.

Per i reati per cui è necessaria la querela, invece, il termine di proposizione della stessa è di tre mesi dal fatto.

Per alcune particolari ipotesi di reato (c.d. contemplati nel c.d. Codice Rosso: violenza sessuale, atti persecutori, violenza domestica, revenge porn) la legge prevede che il termine per proporre querela sia aumentato a dodici mesi (art. 609 septies c.p.).

Nel dubbio, dunque, è opportuno attivarsi quanto prima per avere la sicurezza di non incorrere in decadenze.

Infine, è da notare che, in diverse ipotesi previste dal Codice sostanziale, il medesimo reato può essere procedibile a querela o d’ufficio in base alla sussistenza o meno di circostanze aggravanti, così come reati con elementi costitutivi simili si distinguono in base alla sussistenza di minimi elementi: è dunque opportuno, qualora si voglia procedere, segnalare in ogni caso il reato all’Autorità.

 

 

Ho bisogno di un avvocato per proporre denuncia o querela?

Anche in questo caso, la risposta in via generale è no: la denuncia e la querela sono atti personali, che possono essere proposti anche oralmente dinnanzi al Pubblico Ufficiale, che provvederà a verbalizzarli e a farli sottoscrivere.

Tuttavia, l’aiuto dell’avvocato può essere importante, in special modo per due motivi.

In primo luogo, l’avvocato conosce bene la ‘fisionomia’ di un reato, ossia gli elementi che devono essere evidenziati fin dall’inizio per dire che il reato sussista. In questo modo, già dall’atto della querela si possono evidenziare quegli elementi che potranno condurre il Pubblico Ministero prima e il Giudice poi a riconoscere la colpevolezza del responsabile del reato a nostro danno.

In secondo luogo, l’avvocato sa quali documenti ed elementi di prova portare a sostegno di quanto affermato nella denuncia o querela. Una querela completa degli opportuni documenti ed elementi di prova faciliterà il lavoro degli inquirenti nella raccolta di elementi a sostegni dell’accusa, aumentando le possibilità di pervenire con successo alla punizione dei responsabili e, in via mediata, al risarcimento del danno nei confronti della persona offesa.

In questo senso, in particolare, il difensore ha la possibilità di effettuare le cosiddette ‘investigazioni difensive’, anche prima dell’inizio di un procedimento penale. Rinviando ad un prossimo contributo per una descrizione più dettagliata, si può dire in sintesi che il difensore, sin dal ricevimento dell’incarico da parte del cliente, ha la possibilità di raccogliere dichiarazioni e informazioni da persone informate sui fatti, acquisire documenti ed accedere ai luoghi di interesse in relazione ai fatti. In questo modo può assicurare fin da subito importanti fonti ed elementi di prova che altrimenti nel tempo potrebbero essere dispersi o deteriorati.

 

 

Cosa succede dopo che si è proposta denuncia o querela?

La denuncia o la querela pervengono al Pubblico Ministero, ossia ad un magistrato il cui compito è effettuare le opportune indagini per ricostruire i fatti, verificandone la corrispondenza con la versione riportata nella denunzia o querela, e valutare se essi siano idonei ad integrare una fattispecie di reato.

È importante sottolineare che il procedimento penale viene condotto dallo Stato, rappresentato appunto dal Pubblico Ministero: chi compie un reato, infatti, viola in primo luogo l’ordinamento dello Stato, minando la sicurezza dei cittadini. Nella fase iniziale, la persona offesa dal reato (ossia colui il quale in prima persona viene aggredito nei propri diritti dalla condotta illecita altrui) ha il potere di segnalare il fatto, di chiederne la punizione (attraverso la querela) e di indicare al Pubblico Ministero elementi utili a sostenere l’accusa, svolgendo quindi una funzione di “supporto” rispetto al ruolo del magistrato.

La persona offesa può dunque offrire un contributo decisivo, se svolge il suo ruolo con efficacia: attraverso il suo apporto nella fase di indagini, il Pubblico Ministero potrà ottenere maggiori elementi per portare il responsabile del reato a giudizio.

Questo gioverà anche alla persona offesa stessa, la quale, una volta instaurato il processo, potrà inserirsi in esso chiedendo il risarcimento dei danni subiti, attraverso la costituzione di parte civile.

Anche per questo motivo il supporto di un professionista nel corso delle indagini può fare la differenza: con il suo consiglio, infatti, il cittadino può essere guidato a intraprendere le iniziative più efficaci per giungere alla punizione dei responsabili delle condotte illecite che ha subito e al risarcimento dei danni che ha patito.

 

 

La querela può essere revocata?

Una volta presentata querela, è possibile esprimere una volontà di segno contrario mediante un atto detto “remissione di querela”.

Dichiarando di rimettere la querela, si esprime la rinuncia alla richiesta di punizione che si era manifestata.

Il Codice Penale pone le norme disciplinanti la remissione di querela (artt. 152 ss. c.p.) tra le cause di estinzione del reato: ciò significa che, una volta che la persona offesa rimette la querela, il fatto perde la sua rilevanza giuridica sotto il profilo penale. Conseguenza diretta di ciò è che se la remissione avviene durante la fase delle indagini preliminari, vi sarà l’automatica archiviazione della notizia di reato; dopo l’esercizio dell’azione penale, nella fase processuale, il Giudice investito della vicenda dovrà dichiarare che non può più procedersi in ordine al fatto.

Anche questa regola sconta delle eccezioni: ai sensi del già menzionato art. 609 septies c.p., la querela per i delitti di cui agli artt. 609 bis e ter c.p. è irrevocabile.

L’avvenuta remissione di querela comporta comunque la condanna al pagamento delle spese processuali per il querelato, e non è ostativa alla proposizione di un’azione di risarcimento del danno da parte della persona offesa querelante in sede civile.