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Area civile - Successioni

Niccolò Rizzo
Avvocato Diritto Civile

L’accettazione dell’eredità

14/12/2022

L’art. 456 c.c. disciplina l’apertura della successione.

Dal punto di vista temporale, la successione ereditaria si apre al momento della morte del defunto: tale è il momento a cui retroagiscono gli effetti della trasmissione dei diritti ereditari e da cui decorrono i termini prescritti per l’espletamento delle varie formalità previste dalla normativa vigente, anche a carattere fiscale (ad esempio, la dichiarazione di successione).

Il luogo dove si apre la successione è quello dell’ultimo domicilio del defunto; esso è importante ai fini dell’individuazione degli uffici competenti per gli adempimenti previsti dalla normativa (si pensi al Registro delle Successioni, da cui risultano la dichiarazione di accettazione di eredità con beneficio di inventario e la dichiarazione di rinuncia di eredità, conservato presso il Tribunale del luogo dove si apre la successione).

A seguito dell’apertura della successione vi è la fase della delazione: vengono individuati i soggetti chiamati all’eredità, in base al testamento o -in caso di assenza di questo- alla legge, i quali possono accettare o rinunciare.

Ai sensi dell’art. 459 c.c. l’eredità si acquista mediante l’atto di accettazione (a differenza dei legati, che si acquistano immediatamente, salva la facoltà per il legatario di rinunciare al legato).

Questa regola generale sconta due eccezioni:

a) i cd. acquisti senza accettazione,

b) gli acquisti iure proprio.

Gli acquisti senza accettazione (cd. accettazione legale) previsti dal nostro ordinamento sono tre:

1. il chiamato all’eredità in possesso dei beni ereditari che lasci decorrere infruttuosamente i termini per la redazione dell’inventario (tre mesi dall’apertura della successione) o per la dichiarazione di accettare con beneficio (quaranta giorni dal compimento dell’inventario) ai sensi dell’art. 485, co. 2 e 3, c.c.;

2. la sottrazione dei beni ereditari ex art. 527 c.c.;

3. l’acquisto di beni da parte dello Stato, previsto dall’art. 586 c.c.

Gli acquisti iure proprio sono acquisti collegati alla morte, che funge da condizione sospensiva, ma estranei alla successione.

Essi sono

- il diritto morale d’autore o d’inventore: l’art. 23, l. 22.4.1941, n. 633 affida ai più stretti congiunti la tutela della paternità o dell’integrità dell’opera, alla morte dell’autore o dell’inventore (tali soggetti pertanto agiscono non in quanto eredi, bensì in quanto investiti di una funzione direttamente attribuita loro dalla legge);

- il diritto al risarcimento del danno che spetta ai parenti della vittima contro il responsabile dell’uccisione (la somma oggetto del risarcimento non faceva parte del patrimonio del defunto, ma nasce ex novo, dopo la morte);

- le somme erogate a titolo di assicurazione sulla vita;

- l’indennità ex artt. 2118 - 2120 c.c. in caso di morte del prestatore di lavoro, da corrispondersi a coniuge, figli e (se a carico del defunto) parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo.

Al netto delle ipotesi sopra indicate, come detto, l’eredità si acquista con l’accettazione.

Ai sensi dell’art. 480 c.c. l’erede ha dieci anni di tempo per accettare l’eredità, decorrenti dal giorno di apertura della successione o, in caso di condizione, dal giorno in cui questa si avvera; un tanto, a condizione che

- il chiamato all’eredità non sia nel possesso dei beni ereditari;

- il chiamato all’eredità non possessore abbia compiuto l’inventario dei beni ereditari;

- l’autorità giudiziaria non abbia fissato al chiamato non possessore o possessore incapace un termine per l’accettazione (cd. actio interrogatoria);

situazioni che determinano l’acquisto dell’eredità o la perdita del diritto di accettare in tempi più brevi.

Per i chiamati ulteriori, se i precedenti hanno accettato, il termine inizia a decorrere dal momento in cui l’acquisto dei primi chiamati viene meno; se i precedenti chiamati non hanno accettato, il termine decennale decorre dalla data di apertura della successione.

L’accettazione, una volta intervenuta, produce effetti retroattivamente, dal momento dell’apertura della successione.

Ai sensi dell’art. 474 c.c., l’accettazione può essere:

- espressa se il chiamato dichiara di accettare o assume il titolo di erede in un atto pubblico o in una scrittura privata;

- tacita quando il chiamato compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare, che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede (a titolo di esempio: concessione di ipoteca su beni ereditari; riscossione di un rateo di stipendio/pensione del defunto; proposizione di azione di nullità di donazioni fatte dal defunto; transigere una lite connessa all’eredità; esecuzione di una voltura catastale);

- presunta, ricorrendo i casi di cui agli artt. 477 (donazione, vendita e cessione di diritti successori) e 478 c.c. (rinuncia verso corrispettivo, rinuncia senza corrispettivo a favore di alcuni dei chiamati).

L’accettazione, inoltre, può essere pura e semplice oppure con beneficio di inventario.

Con l’accettazione pura e semplice, i beni del defunto si confondono con il patrimonio dell’erede, il quale sarà responsabile anche dei debiti del de cuius, di cui dovrà rispondere non solo con il patrimonio ereditario ma anche con il proprio, laddove il primo sia insufficiente.

L’accettazione con beneficio di inventario, invece, determina una separazione tra patrimonio del defunto e i restanti beni dell’erede: i creditori del defunto non potranno pretendere più di quanto corrisponde al valore dell’eredità.

Le ragioni sottese alla decisione di accettare con beneficio sono essenzialmente tre:

a) la possibilità per l’erede di limitare la propria responsabilità nei confronti dei debitori del defunto;

b) il disposto dell’art. 564 c.c., che impone al legittimario che voglia agire per la riduzione delle donazioni e dei legati (salvo che siano a favore di coeredi) di accettare con beneficio di inventario;

c) la tutela di incapaci e persone giuridiche diverse dalle società.

L’accettazione con beneficio di inventario richiedere un rigore formale maggiore rispetto all’accettazione espressa, dovendo assumere la forma di dichiarazione ricevuta da un Notaio o dal cancelliere del Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione.

L’ordinamento prevede, inoltre, due forme di pubblicità:

1) l’inserzione nel registro delle successioni presso il Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione (ai sensi dell’art. 52, co. 3, disp. att. c.c. vi procedere d’ufficio il cancelliere, in caso di dichiarazioni da questo ricevute o provvedimenti del Tribunale, o su istanza di parte e dietro produzione di copia autentica dell’atto, in caso di accettazione avanti al Notaio);

2) la trascrizione a cura del cancelliere, entro un mese dall’inserzione, presso l’ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si è aperta la successione.

A seguito dell’accettazione, l’erede dovrà procedere (tramite Notaio o cancelliere) con la redazione di inventario, al fine di determinare in modo esatto la consistenza del patrimonio ereditario, a garanzia dei creditori ereditari e dei legatari.

In merito ai termini per gli adempimenti citati, possono distinguersi cinque ipotesi:

1. il chiamato in possesso dei beni deve procedere con l’inventario entro tre mesi dall’apertura della successione: in difetto, diviene erede puro e semplice;

2. il chiamato che ha compiuto l’inventario nel termine di cui al punto 1. deve procedere con l’accettazione entro quaranta giorni dal compimento dell’inventario: in difetto, diviene erede puro e semplice;

3. il chiamato non in possesso dei beni può procedere con l’accettazione beneficiata sino a che il suo diritto non sia prescritto: in difetto, perde il diritto di accettare;

4. il chiamato non in possesso dei beni che ha fatto la dichiarazione di accettazione deve compiere l’inventario entro tre mesi dalla stessa: in difetto, diviene erede puro e semplice;

5. il chiamato non in possesso dei beni che ha fatto l’inventario non preceduto da accettazione deve accettare nei quaranta giorni successivi: in difetto, perde il diritto di accettare.

Vi sono dei casi in cui si può verificare la perdita del beneficio, per rinuncia o per decadenza.

Ai sensi dell’art. 490, co. 2, n. 3, c.c., l’erede beneficiato può rinunciare al beneficio di inventario: la giurisprudenza maggioritaria ritiene che la forma sia libera, e pertanto non rigidamente limitata alle modalità sopra indicate per l’accettazione beneficiata.

A differenza della rinuncia, che è una facoltà attribuita all’erede, la decadenza è una sanzione connessa all’inosservanza degli oneri imposti all’erede beneficiato: essa può verificarsi

- prima dell’acquisto del beneficio: quando il chiamato non rispetta i termine -sopra indicati- previsti dagli artt. 485 e 487 c.c. o sottrae beni ereditari, ai sensi dell’art. 527 c.c.;

- dopo l’acquisto del beneficio: quando l’erede

a) aliena o sottopone a garanzia (pegno o ipoteca), in assenza di autorizzazione giudiziaria o senza l’osservanza delle forme prescritte dagli artt. 747 e 748 c.c., i beni ereditari, transige su di essi (salvo i beni mobili, decorsi cinque anni dall’accettazione beneficiata);

b) in mala fede, omette di denunciare nell’inventario beni appartenenti all’asse o denuncia passività inesistenti, ai sensi dell’art. 494 c.c.;

c) in caso di opposizione alla liquidazione individuale, non si attiene alle norme prescritte per la liquidazione concorsuale, ai sensi dell’art. 505, co. 1, c.c.;

d) che abbia promosso la liquidazione concorsuale esegue pagamenti prima che la stessa sia definita, salvo crediti privilegiati o ipotecari, ai sensi dell’art. 503 c.c., o in violazione del termine fissato dal giudice, ai sensi dell’art. 505, co. 2-3, c.c..